TERAPIA INDIRETTA
Si parla di terapia indiretta qualora il destinatario dell’intervento non sia la persona seduta di fronte a noi.
Questo tipo di approccio viene usato come regola quando si deve intervenire su bambini o ragazzi difficili, salvo ragioni specifiche come potrebbe essere la presenza di un disturbo alimentare ad esempio. In questi contesti si tende a vedere solamente i genitori per alcuni semplici motivi. Innanzitutto si vuole evitare di etichettare il ragazzo come problematico o come persona con gravi disturbi, si vuole evitare di dare una diagnosi al ragazzo la quale potrebbe creare l’effetto di incrementare il problema, si vuole evitare infine di far credere al ragazzo di sentirsi diverso già per il solo fatto di essere andato da uno psicoterapeuta. L’eventuale diagnosi verrà comunicata all’interessato quando non è più pericoloso farlo.
Spesso è più proficuo lavorare con i genitori e/o insegnanti, piuttosto che con un bambino o ragazzo problematico che potrebbe boicottare la terapia e rendere vano il nostro intervento. I bambini sono i più facili da aiutare, proprio perché hanno ancora tutte le potenzialità per cambiare anche velocemente, e se i genitori riescono a seguire le prescrizioni i risultati non tarderanno a venire.
Questo tipo di approccio lo si utilizza anche qualora un familiare voglia aiutare qualcuno a lui vicino, oppure nel caso delle coppie quando un partner chiede aiuto per l’altro o in tutte quelle situazioni dove chi si presenta da noi non è la persona a cui l’intervento è rivolto.
La terapia indiretta è possibile grazie all’estrema pragmaticità, versatilità ed efficienza dell’approccio strategico alla formazione e soluzione dei problemi. Ciò è possibile grazie al concetto di tentata soluzione.
A volte non affrontati, altre sottovalutati, altre ancora affrontati in maniera inadeguata, sono le tipiche modalità di reazione a molti dei problemi che si possono manifestare nei contesti familiare o relazionale e i quali possono compromettere il normale svolgimento delle attività quotidiane di uno o più componenti, siano essi adulti o bambini. Continuando ad applicare tali tentate soluzioni disfunzionali nel tempo, è quello di trasformare un problema in disturbo psicopatologico. Si cambiano le tentate soluzioni fallimentari delle persone coinvolte nel problema per cambiare quelle di chi presenta il disturbo.
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